
A volte, durante i seminari di prosodia e metrica latina, mi capita di incontrare giovani di talento che, pur avendo imparato le regole espressive dei metri antichi, in cui, però, pensano di non potersi esprimere, vorrebbero scrivere versi latini in metro libero. Ciò è, sicuramente, possibile, se si accetta, ancora oggi, che scrivere versi in latino sia un’esperienza intima e un’espressione del pensiero che è anche meditazione di sé e del tempo da cui proveniamo. Tuttavia, è molto difficile e, per praticare quest’esperienza, bisogna, prima di tutto, prendere coscienza della propria creatività, se c’è, altrimenti, meglio esprimersi in prosa, anche solo per esercizio.
Infatti, i testi che un poeta contemporaneo in latino può pensare in metro libero si devono distinguere per particolari doti espressive che li rendano innovativi e originali, rispetto a quanto, pur mantenendo uno sguardo attento alla scrittura moderna, si potrebbe esprimere in metrica classica. Quello che, dopo lunghi esercizi, bisogna evitare è, secondo me, la mancanza di collegamenti ritmici, riconducibili alla conoscenza della prosodia antica, applicata ai sistemi lirici latini, senza trasporvi la struttura ritmica dei versi contemporanei in lingua viva, ma cercando di inventare, attraverso la concinnitas verbale, uno stile e un ritmo personali che, in questo genere di composizioni, deve esprimere equilibrio tra la fraseologia in prosa, intesa come chiarezza narrativa, e l’immaginazione lirica, legata alla poesia tradizionale di forma metrico-sistemica, per avventurarsi in una metrica tanto intuitiva quanto personale, aperta a soluzioni imprevedibili.
La strada della prosa lirica
Ne deriva che ogni poesia non deve essere un deposito di appunti, preparati per eventuali scritture in stile libero, ma un collegamento ordinato di frasi autonome, dove ogni verso non si riduca, per forma e stile, a semplice narrazione con, qua e là, sfumature suggestive, ma sviluppi un tema da cui emergano dati poetici personali, motivati dal racconto metaforico. Operazione che chiunque voglia percorrere questa strada potrebbe compiere, scrivendo, anziché improbabili poesie, prose poetiche di qualche originalità.
Perciò, al di là del tentativo di riprodurre in versi latini temi poetici già presenti in lingua viva, consiglierei di tentare, in latino, la strada della prosa lirica, usando una certa varietà di lessico che testimoni la familiarità del poeta con la sintassi psicologico-descrittiva di cui la poesia antica è ricca e solo poi trasformerei quei brani, possibilmente brevi, in versi ritmici, che non siano imitazioni di percorsi medievali già praticati, ma in cui si senta battere il polso del poeta, testimone di sé e del proprio tempo, per calibro, durata e varietà dei singoli periodi.
Comunicare la vita vera
Come sintesi di queste considerazioni, consiglierei all’autore di riflettere sulla necessità di dire sempre qualcosa che, per lui, sia indispensabile, frutto di vita, meditazione, esperienza, e possa risultare vero anche ai lettori, calibrando bene – come ho detto – non solo l’uso del ritmo che in ogni parola latina è piuttosto melodico, ma, soprattutto, facendo attenzione che i contenuti non scivolino pericolosamente verso frasi banali, annullando, così, ogni sforzo compiuto per rinnovare, nel panorama dei linguaggi creativi contemporanei, la percezione della poesia latina che, comunque, non si piega facilmente alla struttura del verso libero, ma lo ammette con la dovuta cautela.
In definitiva, il problema non si pone tanto per l’uso disinvolto di una qualunque struttura libera, ma per la capacità di inventare, con intuizioni geniali, forme originali, nelle iuncturae e nel ritmo, nate dai sistemi metrico-prosodici tradizionali, in grado di esprimere nuove architetture linguistiche, più adatte ai nostri tempi, senza, per questo, rinunciare a riproporre qualche eco del passato. Cioè, facendo sentire a chi legge – considerando la grande duttilità del latino, una lingua sempre attuale, almeno per gli uomini di cultura – la vita vera, quotidiana, di chi scrive.