Ci serve un Ministero della Pace. Ecco perché

La proposta di un folto gruppo di associazioni e movimenti cattolici, per mettere la pace al centro dei progetti politici futuri. Perché una pace disarmata e disarmante si costruisce dal basso, ma deve diventare scelta politica

«Nooo! Un altro Ministero? Un altro carrozzone burocratico, con poltrone da spartire e nel quale sprecare un sacco di soldi? No, grazie, facciamone a meno». Risposta da bar (o da social) alla proposta di istituire anche nel nostro Paese un Ministero della Pace. Ma per sostenerla è in corso una campagna, iniziata già da qualche anno, portata avanti soprattutto da Fondazione Fratelli Tutti, Azione Cattolica italiana, Comunità papa Giovanni XXII, Acli e a cui aderiscono una trentina di altre associazioni ed enti. I temi e le motivazioni della proposta di Istituire un Ministero della pace sono stati discussi in un convegno ieri a Roma.

Proviamo a capire perché quello che si propone non è un carrozzone, ma lo strumento per fare della pace non un vago e romantico discorso, ma una scelta politica, al centro della vita del nostro Paese (e dell’Europa).

Cosa diciamo quando diciamo pace

Il punto di partenza è una citazione della Fratelli Tutti, che invita a «creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali» (186). Per capirne il senso, occorre intendersi su che cosa è la pace e su che cosa non è.

La pace non è una utopia. Non è un bel sogno irrealizzabile, impossibile da calare per terra. Semmai è un progetto, che si realizza giorno per giorno attraverso azioni e scelte molto concrete: abbiamo bisogno di “artigiani di pace”, diceva Papa Francesco.

La pace non è solo mancanza di guerra. È riconoscimento della dignità delle persone, rispetto dei diritti degli uomini e dei popoli. È, in poche parole, giustizia sociale. Non c’è pace senza giustizia.

La pace non è il risultato delle guerre (si vis pacem para bellum): non è la guerra che precede la pace, ma è la pace che viene prima e rende inutile la guerra. Occorre ribaltare il modo tradizionale di pensare e investire sulla pace senza necessariamente passare per la guerra, il più delle volte motivata in quanto “preventiva”.

La pace non riguarda solo i potenti, quelli che decidono tutto: è una scelta che ciascuno può fare ogni giorno, nella propria vita personale e sociale, ispirando ad essa i propri comportamenti e le proprie scelte. La pace (la convivenza tra diversi, il dialogo, la partecipazione) si costruisce dal basso, grazie ai singoli, ai gruppi e alle associazioni, alla società civile.

Costruire la pace, nei fatti

Però poi deve diventare una scelta politica. L’Europa, ad esempio, è nata da una scelta di pace. La “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo” e il “Principio di autodeterminazione dei popoli” sono nati da una volontà anche politica, oltre che etica, di pace e hanno aiutato a mantenerla. Oggi purtroppo in tanti non condividono più questi due fondamentali strumenti per costruire relazioni internazionali, e infatti siamo nella Terza Guerra Mondiale a pezzi.

Gli italiani vogliono la pace. Secondo un sondaggio fatto nel 2018 dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova Antonio Papisca, l’85% degli italiani ritiene che non esistono “guerre giuste”. Un ottimo risultato, viste le energie che si spendono, ogni volta che scoppia un conflitto, per convincere l’opinione pubblica che di una “guerra giusta” si tratta.

Si costruisce la pace attraverso il disarmo, ma anche attraverso l’educazione, attraverso la solidarietà organizzata o meno, attraverso il dialogo che permette di affrontare gli inevitabili conflitti che attraversano le società, attraverso il rispetto dei diritti di tutti, compresi quelli dei migranti e dei carcerati, rispettando la libertà di ciascuno, amministrando con saggezza i territori (di qui l’importanza degli enti locali), attraverso la cooperazione internazionale e così via. Facendo della fratellanza un valore-guida. La pace, insomma, si costruisce lavorando contemporaneamente su più piani: etico, sociale, economico. E politico.

Il Ministero della pace

Una miriade di progetti e iniziative – compresa la Rete degli Enti Locali per la pace – sono oggi presenti nel nostro Paese. Vanno coordinati, sostenuti, potenziati: serve qualche cosa che dia loro legittimità e riconoscimento. Devono farsi scelta politica: la pace cioé, deve essere al centro di un progetto politico, deve essere una scelta di governo di cui i cittadini possano chiedere conto.

Ecco perché è necessario un Ministero della Pace: una struttura stabile, con compiti di coordinamento e promozione e sì, adeguatamente finanziata. Magari con quello che si risparmia grazie al disarmo.

Il ministero della pace
Grafica tratta dal sito www.ministerodellapace.org

 

Come si legge nel sito ministerodellapace.org, il Ministero della Pace dovrebbe avere cinque dipartimenti:

  1. Educazione e Istruzione (promozione della comunicazione nonviolenta, della trasformazione nonviolenta dei conflitti, della giustizia riparativa e dell’educazione alla pace nei curricula scolastici e universitari);
  2. Politiche Territoriali di Pace (adozione di strumenti di mediazione e prevenzione dei conflitti sociali e ambientali);
  3. Disarmo (promozione di azioni e di attività di monitoraggio per la riconversione civile dell’industria bellica);
  4. Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta (sostegno ai Corpi Civili di Pace, al Servizio Civile Universale, alle altre forme di difesa civile non armata e nonviolenta);
  5. Diritti Umani ed Economia di Condivisione (promozione di una cooperazione internazionale equa e sostenibile, nel segno della solidarietà fra i popoli e della giustizia universale).

Il Ministero dovrebbe inoltre avere due organi propositivi e consultivi: la Consulta Nazionale dei Costruttori di Pace (organo di rappresentanza delle realtà della società civile impegnate attivamente nella costruzione della pace) e il Comitato interministeriale (strumento per il coinvolgimento trasversale di Ministeri, Dipartimenti ed Agenzie). Inoltre, a livello a locale, la proposta prevede Assessorati alla Pace, Consulte comunali e processi di co-programmazione che coinvolgano la cittadinanza.

Una pace che sia non soltanto disarmata, ma anche disarmante ha bisogno di organizzazione, continuità, progettualità. Ecco perché non possiamo fare a Meno del Ministero della pace.

Secondo il citato sondaggio, il 36% degli italiani sarebbe molto favorevole all’istituzione di un Ministero per la Pace, e un altro 30% sarebbe abbastanza favorevole. Non è moltissimo, ma è un inizio, per una istituzione che non è un nuovo carrozzone burocratico, ma una profezia che si fa storia.

ministero della pace
Il libro sulla proposta di istituire il Ministero della Pace, edito dall’editrice AVE.
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