Nicea: nella città del Concilio riaffiorano le immagini della fede più antica

Un cervo, una nave, Maria con Gesù in grembo, ma soprattutto i resti di una Basilica sommersa... Nel 1700° anniversario del Concilio, si scopre una città che è fede, teologia, dogma tradotti in immagini

Arkeofili, Public Domain

Oggi, 19 giugno, ricorre esattamente il 1700° anniversario della conclusione del Concilio di Nicea: la prima assemblea di vescovi provenienti da tutto il mondo allora conosciuto, convocata per volontà dell’imperatore Costantino e presieduta da Osio – vescovo di Cordova, capitale della provincia Baetica, a sud della Hispania – che si svolse per un mese intero nella città dell’Asia Minore.

Per questa ragione, il nome di Nicea continua immediatamente a risuonare con forza nelle orecchie e nella mente di ogni studioso di teologia, dogmatica o storia del cristianesimo antico. E, forse inconsciamente, vibra ancora nel cuore di ogni credente che ogni domenica celebra l’eucaristia e recita la formula di fede che proprio lì cominciò a prendere forma: «Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente…». Fu infatti al plurale (πιστεύομεν, crediamo) che quei primi padri conciliari scelsero di esprimere la professione di fede comune e universale, ovvero catt-olica.

Fede tradotta in immagini

Ma Nicea non rappresenta soltanto uno dei capitoli fondativi della storia del dogma cristiano. È anche arte e archeologia. O meglio: Nicea è fede, teologia, dogma tradotto in immagini, come si manifesta nei raffinati mosaici recentemente portati alla luce.

Infatti, durante l’ultima campagna archeologica condotta nel quartiere Beyler, al centro dell’attuale Iznik – nome odierno di Nicea – sono emersi mosaici paleocristiani eccezionalmente ben conservati, databili tra il I e il IV secolo d.C. Le decorazioni raffigurano simboli iconici del cristianesimo primitivo, come una nave – simbolo della Chiesa – e un cervo, quest’ultimo spesso associato al Salmo 42: «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio».

Mosaici di Beyler-Iznik
Alcuni dei mosaici dei primi secoli del cristianesimo, riemersi dai recenti scavi nel quartiere Beyler di Iznik, l’antica Nicea.

Ma non è tutto. Dopo anni di attesa, dovuti a difficoltà logistiche e a impedimenti burocratici, è stato finalmente restaurato uno straordinario affresco raffigurante Maria con Gesù in grembo, seduta su un trono ornato di gemme colorate. L’opera, alta 1,42 metri e larga 78 centimetri, fu scoperta nel 2005 vicino al teatro romano costruito nel 111 d.C. durante il regno dell’imperatore Traiano.

Il gioiello più affascinante, però, si cela sotto la superficie del lago Iznik: si tratta della basilica sommersa di San Neofito, visibile per la prima volta nel 2014 grazie a fotografie aeree. Situata a pochi metri dalla riva e oggi quasi affiorante per via del ritiro delle acque, l’edificio — costruito nel luogo in cui il giovane martire cristiano fu giustiziato un secolo prima durante le persecuzioni di Diocleziano — divenne un’importante meta di pellegrinaggio per i primi cristiani. Le autorità turche hanno più volte annunciato l’intenzione di trasformare il sito in un museo subacqueo, rendendolo accessibile ai visitatori attraverso gallerie e piattaforme panoramiche in vetro.

Un patrimonio da tutelare

Iznik-Nicea si trova attualmente nella lista provvisoria del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, e viene riconosciuta per il suo eccezionale valore universale quale testimonianza dell’introduzione e della prima espansione del cristianesimo in Asia Minore. Oltre all’intrinseco valore storico, culturale e religioso di Iznik-Nicea, la probabile visita di Papa Leone XIV in occasione dell’anniversario conciliare, si ritiene contribuirà a riportare al centro dell’attenzione la città che ospitò il primo concilio ecumenico.

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