Vintage Market: la rivoluzione di un consumo gentile

A Roma c'è un luogo dove è possibile riscoprire la moda come espressione di sé e come consapevolezza. E compiere piccoli atti di resistenza contro il consumismo

Roma. Nel cuore del quartiere Ostiense c’è un luogo, un tempo abbandonato, che dal 2008 si è trasformato in qualcosa di diverso: il Vintage Market Roma. Nato dalla visione di Angela e Martina, due giovani donne con la passione per l’artigianato e per i talenti emergenti, è cresciuto insieme alla città e al suo pubblico. Oggi, con il nome di VGMT, è diventato molto più di un mercato: è un piccolo festival urbano che ogni mese riunisce oltre 200 espositori tra artigiani, designer, creativi e musicisti.

Tra abiti handmade, oggetti unici, musica live, laboratori e cibo a km 0 prende forma uno spazio intergenerazionale, autentico, dove si riscoprono modi alternativi di abitare la città e approcciarsi ai consumi. Un evento dal respiro europeo, ma profondamente radicato a Roma, che celebra la creatività locale e invita a rallentare.

«La prima volta ci sono venuta per curiosità», racconta Giulia, 29 anni. «Poi ho iniziato a comprare sempre più spesso capi vintage. Ho capito che non era solo per avere un look originale: era una scelta etica. Recuperare qualcosa che ha già avuto una vita passata e dargliene una futura: mi fa sentire parte di un’economia diversa».

Una consapevolezza che spesso arriva col tempo, ma che può nascere anche da un incontro casuale. «C’è chi viene per cercare un capo preciso – magari uno stile biker o boho – e finisce per restare, catturato dall’atmosfera, dalla varietà e dall’energia che si respira», spiegano i proprietari di uno stand. «Qui non vendiamo solo vestiti. Offriamo storie, pezzi unici, legami con epoche che hanno ancora qualcosa da dire».

La filosofia del vintage, in fondo, ha a che fare con la cura: del passato, dell’ambiente, delle relazioni.
Molti degli espositori sono artigiani: lavorano con materiali recuperati, reinventano oggetti dimenticati, trasformano scarti in pezzi di design. C’è chi crea gioielli con le posate, chi borse da imballaggi industriali, chi ridà vita a vinili, poster, tessuti fuori produzione. Una nuova estetica che nasce dalla trasformazione e dal rispetto.

Anche il tempo, qui, sembra riacquistare valore: «Il mio lavoro è rallentare», racconta Marta, artigiana del cuoio. «In un mondo dove tutto corre, io recupero materiali di scarto, li ripulisco e li cucio a mano. Impiego ore per realizzare una borsa. Ma è proprio questo il punto: restituire valore al tempo».

Il Vintage Market è anche un punto d’incontro tra generazioni, approcci e visioni diverse. Tra gli stand si incrociano giovani stilisti, illustratori, famiglie e curiosi di tutte le età, uniti dalla ricerca di un modo più consapevole – e personale – di vivere la moda.

E il cambiamento è già visibile. Secondo uno studio del 2023, il 70% dei giovani under 30 acquista o è disposto ad acquistare abiti di seconda mano, non solo per risparmio. Per molti, scegliere il second hand è un modo per esprimere ciò in cui credono e per rifiutare un sistema insostenibile.

«Ho 22 anni e non ho mai fatto shopping fast fashion», racconta Claudia, studentessa di fashion design. «Mi vesto quasi esclusivamente second hand: è una forma di espressione, ma soprattutto una presa di posizione. So cosa e come produce l’industria della moda odierna: voglio indossare cose che non inquinano, che non sfruttano».

In una società che ci ha abituati – o forse ad abituarci siamo stati noi – a un consumo veloce e compulsivo, dove comprare è spesso un gesto automatico, il Vintage Market si propone come un’alternativa concreta e consapevole. Qui, l’acquisto riassume significato. Gli espositori non fanno leva sulla convenienza, ma sulla qualità, sulla storia – passata e futura – degli oggetti.

«Un maglione o una camicia non possono costare pochi euro, altrimenti si perderebbe il senso di quello che facciamo», spiegano. «Vogliamo che chi compra si fermi a pensare: mi serve davvero? Quanto vale per me questo oggetto?».

È un piccolo atto di resistenza: rallentare, scegliere con cura, dare valore. E forse, in questo esercizio, imparare a desiderare in modo diverso. «Le persone arrivano con un’idea in testa e vanno via con qualcosa di diverso, spesso con qualcosa che non pensavano di cercare», racconta Laura, membro dello staff del VGMT. «Questo mercato è anche un esercizio di libertà: uscire dalla logica del “nuovo a tutti i costi” e riscoprire la bellezza di ciò che è già stato».

C’è chi torna ogni mese, chi ci capita per caso. Ma molti, dopo una visita, iniziano a guardare gli oggetti – e forse anche sé stessi – con occhi diversi. Perché scegliere vintage non è solo una moda. È un modo per mettere in discussione le proprie abitudini. E, per qualcuno, anche per iniziare a cambiarle.

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