
Ci sono dischi che non invecchiano. Non per i suoni, ma per quello che significano. (What’s the Story) Morning Glory? non è solo un titolo strano: è la domanda che gli anni ’90 hanno lasciato ai trentenni e quarantenni di oggi, la X generation cresciuta con il walkman, e una dolce rabbia in tasca. Uscito nell’ottobre 1995, a un solo anno dall’esordio Definitely Maybe, è il disco che ha consacrato gli Oasis da promessa a mito. Liam e Noel Gallagher vengono dalla classe operaia, sono un po’ sboccati, spavaldi e “troppo” sicuri di sé, figli di Manchester e delle sue periferie non sapevano parlare senza litigare, ma quando suonavano insieme riuscivano davvero a fermare il tempo, e non è una frase fatta, cavolo! Un viaggio musicale impolverato di gloria, cemento e birra calda.
Tra pub, pioggia e cappellini Umbro
Chi c’era lo ricorda bene: tute Adidas, cappelli da pescatore, felpe Puma, il City la domenica pomeriggio, l’erba calpestata nei parchi, la pioggia che si incolla al K-Way. Gli Oasis diventano il simbolo non solo di un suono, ma di una cultura. Una tribù metropolitana che sognava i Beatles ma viveva tra calci al pallone e birre in lattina. Morning Glory era la sua colonna sonora. Con Some Might Say, Wonderwall, Don’t Look Back in Anger e Champagne Supernova, l’album è un susseguirsi di inni che uniscono le anime più distanti. Non serve capirli tutti: basta solo cantarli.
Un disco al centro del tempo
A livello discografico, Morning Glory è il cuore pulsante del percorso Oasis. Arriva dopo il fuoco giovane e diretto di Definitely Maybe (1994) e prima dell’eccesso barocco di Be Here Now (1997). Poi il suono si raffredda con Standing on the Shoulder of Giants (2000) e trova un ultimo slancio con Heathen Chemistry (2002), album che molti considerano il tetto massimo del loro universo creativo. Ma è Morning Glory a restare impresso nella memoria collettiva: perché è grezzo ma epico, immediato ma profondo. Chiaramente un equilibrio raro.
Un successo scritto nel destino (e nel disastro)
Il disco nasce tra tensioni e risse verbali. Il batterista Tony McCarroll viene sostituito da Alan White, le sessioni ai Rockfield Studios sono un caos ordinato. Noel scrive e incide di notte, Liam beve e registra a modo suo. Il produttore Owen Morris miscela il tutto con una compressione sonora che molti critici definiranno “muraglia di rumore”. Eppure è proprio quel suono gonfio e sfocato che ci è entrato sottopelle. Morning Glory era questo: un album che riusciva a parlare di te anche quando parlava solo di loro. “Maybe you’re gonna be the one that saves me…” ha salvato più adolescenti di quante terapie familiari possano ammetterlo.
Lo sapevi?
- Wonderwall doveva essere cantata da Noel. Ma all’ultimo la voce va a Liam, e fu un colpo di genio.
- Il titolo Morning Glory è uno slang inglese per l’erezione mattutina. Altro che poesia pura: gli Oasis non erano mai troppo eleganti.
- Il riff di Don’t Look Back in Anger è ispirato (copiato?) da Imagine di John Lennon. Noel ha sempre dichiarato amore assoluto per i Beatles.
- L’album ha venduto oltre 20 milioni di copie. In UK è ancora tra i più acquistati di sempre.
- Liam registrava le voci spesso ubriaco. Eppure la sua voce in quell’album è una delle più iconiche degli anni ’90.
La voce sporca dell’anima
Cosa ha reso questo disco così universale? La sua capacità di non spiegare nulla, ma di far sentire tutto. Liam canta in modo sgraziato, passerà alla storia la sua posa con le braccia dietro la schiena dietro al microfono, ma la sua voce è verità. Noel scrive come se dovesse morire il giorno dopo. Ogni pezzo è un pugno e una carezza. Chi ha ascoltato Live Forever o Slide Away in Definitely Maybe, ha trovato in Morning Glory una continuazione più adulta, ma non meno viscerale.
Non solo musica, ma identità
Gli Oasis hanno influenzato la moda, il calcio, l’atteggiamento, la posa per stare al mondo. In un’Inghilterra post-Thatcher, con il Britpop che sventola l’Union Jack sulle chitarre ma guarda agli Smiths e a Lennon, Morning Glory è il simbolo di chi non ha tutto ma canta come se lo avesse. C’è rabbia, c’è fame, c’è stile. E mentre il mondo si globalizzava e Kurt Cobain era ormai morto da un anno e bisognava farsene una ragione, i Gallagher restavano radicati al quartiere, alla squadra, al bar. Anche per questo sono rimasti autentici. Anche per questo oggi Morning Glory è ancora ascoltato, memato, risuonato e tatuato.
Gli Oasis oggi
I fratelli non si scelgono e se te li devi far andare bene per forza, puoi scegliere di non sceglierli. Come finì la storia? Era agosto 2009, quando Liam spaccò la storica chitarra di Noel, una Gibson ES 355 rossa, nel corso di una delle tante e frequenti loro liti. La fine della favola e l’inizio della furia. Se è vero che c’è oggi una eredità artistica da difendere ben oltre le questioni personali, è altrettanto vero che si sente il bisogno collettivo di ritrovare senso all’interno della musica che si ascolta. Senza fuffa negli stadi. Tante negli anni le fake sul ricongiungimento, ma la verità è venuta fuori solo a fine estate 2024. Ci sarebbe stata la reunion degli Oasis, e c’è stata proprio per il trentennale di (What’ s the Story) Morning Glory?. Ora chissà se gli stadi torneranno a non essere più riempiti solo di cartapesta, mentre la gente scrolla il proprio feed mentre l’artista sta cantando.
C’è una sfumatura psicologica potente nei fratelli Gallagher
Le emozioni che ci svegliano al primo amore, al primo dolore, sono le stesse che ci accompagnano da adulti. Morning Glory resta lì: come una coperta ruvida, come un vecchio amico sgangherato, come un tatuaggio che non hai fatto ma che senti addosso. Non importa quanti anni hai oggi. Se a un certo punto hai cantato Don’t Look Back in Anger a squarciagola, allora sei parte di quella generazione che ha imparato a sopravvivere alle contraddizioni con una melodia in testa.
Ed è proprio questo che rende eterno un disco. E umani, profondamente umani, noi.